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A CUOPPO CUPO POCO PEPE CAPE ...e... POCO PEPE CAPE A CUOPPO CUPO
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mercoledì 30 settembre 2009

"Battiamoci per la verità". E noi ci proviamo...


Non ha più obbligo di dimora nella casa dei genitori a Roma l'ex 'pariolino' che con Izzo e Ghira seviziò e uccise Rosaria Lopez e ridusse in fin di vita Donatella Colasanti il 30 settembre 1975
Gianni Guido è tornato in libertà pena scontata per la strage del Circeo


Così mi hanno salutata i giornali stamattina e così li ho salutati io: leggendo i numerosi titoli senza battere ciglio, senza farmi neanche un’opinione mia personale, perché sapevo che altrimenti mi sarei rosicata il fegato. Poi Matrix mi ha rapita: è bastata qualche blaterazione di Meluzzi e sono caduta come una pera cotta. Nello specifico, mi sono sintonizzata nel bel mezzo di un dibattito tra il dottore e la Santanchè e mentre il dottore insisteva sul carattere rieducativo della pena – che giustificherebbe la liberazione del non più pericoloso Guido - la Santanchè lo guardava beffarda, sbuffando risatine come per dire ‘ma che stai a dì’ .. finché ha detto, o meglio, insinuato: ‘sappiamo bene come viene svolto il percorso rieducativo nelle carceri!!!
Ohibbò! E ditecelo pure a noi dal momento che potrebbe divenire un problema pure nostro. Nulla è stato specificato, anzi, di fronte al manifesto risentimento del Meluzzi –che a certi percorsi ci ha sempre tenuto- la Santa ha preferito tacersi lasciando a me il tempo per una frugale riflessione (ovvio che il mio pensiero è frutto d’ignoranza, nel senso che ignoro totalmente i metodi rieducativi attualmente applicati ed applicabili alla popolazione carceraria).
Insomma mi son detta: presupposto primo ed imprescindibile affichè possa avere luogo tale rieducazione è che il carcerato espii la sua pena totalmente in carcere. Difatti, solo un rapporto costante tra carcerato, educatore, psicologo e/o psichiatra e quante sono le figure professionali previste dal percorso, può permettere a quanti coinvolti nella terapia di istaurare un sano e produttivo rapporto di fiducia e collaborazione tale da rendere il carcerato socialmente, moralmente ed emotivamente riabilitato.



Ora, ripercorrendo brevemente lo strascico giudiziario di Gianni Guido emerge quanto segue:

29 settembre 1975: strage del circeo

29 luglio 1976: sentenza in primo grado: ergastolo per Gianni Guido e Angelo Izzo, ergastolo in contumacia per Andrea Ghira
28 ottobre 1980: sentenza modificata in appello per Gianni Guido: condanna ridotta a trenta anni
gennaio del 1981: Gianni Guido evade e fugge a Buenos Aires dove viene arrestato due anni dopo
TOT: 4 ANNI IN CARECRE, 2 ANNI FUORI

aprile del 1985: seconda evasione. Catturato a Panama ed estradato in Italia nel giugno del 1994
TOT: 2 ANNI IN CARCERE, 9 ANNI FUORI

25 agosto 2009: fine pena
TOT: 14 ANNI IN CARCERE

TOTdeiTOT: 20 ANNI IN CARECERE, 11 ANNI FUORI – senza contare i permessi di cui ha potuto usufruire e il fatto che dal maggio 2008, affidato ai servizi sociali, aveva obbligo di residenza presso la casa dei genitori.

Da questo breve excursus si deduce facilmente che il Gianni Guido non solo non ha scontato la sua pena per intero, ma ha anche avuto la fortuna di cambiare più carceri – due fattori, correggetemi che sbaglio, che vanno totalmente a discapito di quel sano rapporto carcerato-rieducatori di cui dicevamo poc’anzi; inoltre il giovine si è reso latitante per due volte, sintomo che ha avuto serie difficoltà ad accettarsi come ‘soggetto criminoso’ e ad accettare, di conseguenza, la sua permanenza in prigione come atto dovuto a sé stesso, necessario per la sua riabilitazione morale prima che sociale.
Saranno bazzecole le mie, pinzillacchere ... fatto sta che oggi Le Sentenze lo dicono sano, salvo sicuramente, guarito e non più pericoloso. E noi non solo ci crediamo ma speriamo anche d’incontrarlo un giorno, non in un locale da rimorchio né in una stradina isolata … diciamo mentre se ne va a far compere in cerca di saldi, sì da potergli chiedere:
“Né ma tu comm’ cazz’ ‘he fatt’ a ascì?”

martedì 21 ottobre 2008

Da la Talpa a Questa Domenica: un’escalation di orrori firmata Paola Perego


A chiunque si sia sintonizzato Giovedì 9 Ottobre su Italia Uno per la prima puntata della nuova edizione de’ La Talpa, non sarà sfuggito lo spettacolo squisitamente emotivo offertoci dalla concorrente Karina Cascella, ex scalda poltroncina, no, che dico, ex opinionista della trasmissione Uomini e Donne della De Filippi, attuale fidanzata di Salvatore Angelucci, ex tronista, questo, della suddetta trasmissione, nonché ex concorrente, sempre insieme a Karina, di un altro reality sempre di Mria De Filippi, l’indimenticato(?) Vero Amore. Cribbio, che attacco, ragazzi.

Tornando ai giorni nostri cerchiamo ora di raccontare come si sia arrivati allo spettacolino emotivo testé accennato: siamo verso la fine della puntata, Karina è stata appena votata dal pubblico come possibile talpa dunque, da regolamento, deve essere esiliata in una capanna, la così detta capanna zulu, e ivi dimorare per una settimana isolata dal resto del gruppo. La reazione di Karina alla notizia è furente e mette a dura prova le abilità conduttive di Paola Perego la quale, poco aiutata dall’inviata Paola Barale appisolatasi su un gommone di labbro, stenta a sedare la concorrente che minaccia di lasciare il gioco. Karina ha paura della solitudine a causa della prematura scomparsa dei genitori: questo è quanto si è evinto con fatica dal caos scoppiato in studio contemporaneamente al pianto di Karina.
L’episodio non ha meravigliato più di tanto, spettacoli simili più che far ergere qualche pelo superfluo non provocano altro. Quello che invece ha spinto questa ‘reazione umanamente condivisibile’, diciamo così, giù nel fango dal quale si era salvata per un soffio, sono state le dichiarazioni rese dalla sorella di Karina, Sunny Cascella, durante l’ennesimo approfondimento de’ la Talpa andato in onda Domenica 12 ottobre durante l’altra trasmissione condotta dalla Perego, Questa Domenica, che cambiato il nome non rinnega l’eredità trash di Maurizio Costanzo. Sunny, nel tentativo di spiegare per l’ennesima volta il perché Karina avesse così tanta paura della solitudine, tra una battuta e l’altra si lascia scappare qualcosa del genere: “Karina ha sempre avuto paura di rimanere da sola , soprattutto con nostro padre… perché di notte era molesto”. E aggiunge: “nostro padre era alcolizzato, infatti lei non aveva un buon rapporto con lui e neanche lui con lei” – e neanche lei con te se non taci tosto!, aggiungiamo noi.
Silenzio in studio e ovunque si sia appresa la notizia in questo modo. La Perego, messa ancora una volta a dura prova nelle sue doti di conduttrice, mugugna qualcosa ma non parla, lo stesso fanno i suoi ospiti, l’unico a prender parola è lo psicologo Alessandro Meluzzi il quale, forte del suo mestiere, butta giù qualche domandina-chiave per meglio chiarire i fatti. Ma è già tardi: Sunny quasi non risponde più e non resta altro da fare che voltare pagina e proseguire con lo show. Dal tragico all’effimero in un batter di ciglio. A questo punto però lo spettatore, quasi schiaffeggiato da questa rivelazione che, forse, meritava un contesto diverso per venir fuori o quantomeno la presenza della presunta abusata, non va più avanti nello show, non può. E mentre la Perego si delizia insieme ai suoi ospiti in chiacchiericci da parrucchiera, lo spettatore, dall’alto del suo divano, resta lì, sguardo fisso nel vuoto, a chiedersi dove siano finiti Marco Columbro e Lorella Cuccarini e le loro sfide così carine.
Un dramma familiare, l’ennesimo caso di violenza domestica, spiattellato così in due parole come si stesse raccontando di un picnic finito male a causa di una pioggia improvvisa.

Non siamo qui a ricordarvi quanto dolore si nasconda dietro ogni caso di abuso, né quanto questo dolore possa centuplicarsi quando ad abusare di te sia il tuo stesso padre. Non vogliamo neanche precisarvi quante donne di questo dolore siano morte e quante, sopravvissutegli, ricorderanno e non vivranno fino alla morte; tutto quello che vogliamo è usufruire del nostro diritto ad incazzarci, indignarci e incazzarci per la semplicità e la leggerezza con cui una simile notizia è stata riportata e affrontata, per la superficialità con la quale certi teatrini vengono costruiti, appoggiati o, peggio ancora, giustificati. Una tragedia simile – perché di questo si tratta nel caso lo spettacolo propostoci non sia stato messo su per questioni di audience – non si liquida in due parole per esigenze di copione, né si accantona se il tempo stringe. Se ne parla, se proprio non si sa come tener buono il pubblico televisivo, o si sta zitti aspettando semmai che sia il diretto interessato a mettere in scena il suo vissuto.