Buio nel cimitero.
Gelo di marmo,
sagome di tombe,
loculi disadorni.
Erbetta, erbette.
Gira il custode
non gli sembra vero
di udire il chiacchierio
delle civette.
Lento e pesante il passo del custode:
cra, cra.
Si sente e riconosci quello.
Fiero, impettito e con le mani sode
chiude con due mandate quel cancello.
Ecco quel cubo grigio:è la sua casa.
Ora dorme pesante.
Ulula il vento.
Dorme il custode ignaro.
Dorme nella sua tomba di cemento.
S’incammina ed avanza Sergio Pròculo.
Stanco si ferma,
geme e di soppiatto
si china
e poggia il capo su di un loculo.
Un gufo veglia, ride una civetta.
E piove, piove.Il fiume s’è ingrossato.
Tatatatà!
Strombazza una saetta.
E uccide Sergio Pròculo,
chinato.
Ecco l’alba.
Ecco il sole.
Ecco il sereno.
Che vedo intorno al loculo?
Un pezzetto di camicia
un fazzoletto
un bottoncino
una scarpa slacciata
un pedalino
una matita rotta
un portachiavi
una tessera stinta:
non si capisce il nome.
Età: ventuno.
Altezza: un metro e ottanta.
Colorito: olivastro.
Disoccupato.
Disoccupato.
Luigi Strada da “Ditegli sempre di si”