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mercoledì 19 maggio 2010

Una notte


Non ho più voce. Io so che per morire
basta un oggetto della conoscenza
e un conoscente, un lugubre stridìo
di reni, un fiocco all'alba a sventolare.
Io so che per dirsi violenta una notte
dev' essere infinita,
per dirsi più nera del dolore,
più pura delle gemme, più insensata.



Paolo Birolini
'M'hanno cresciuto Dei'
Poesie 1981 - 1986

lunedì 16 febbraio 2009

NAPOLETANI

Quando la notte ti si fa fardello, perché tutto quello che hai visto, sentito o anche semplicemente subdorato durante il giorno ti ha tolto quasi il respiro, non trovi altra compagnia che un buon libro. Non un libro qualsiasi, assolutamente, non uno di quelli iniziati, poi ripresi, abbandonati, ripresi e cestinati, no. Bensì un libro diverso, piccoletto e nero come Calimero, che conta fino a 133 pagine e che nel titolo t’impone di leggerlo. Napoletani-tutto maiuscolo- è un titolo prepotente, infame, ‘capuzziello’, che non lascia spazio all’indecisione, ma solo all’immaginazione. E comincia il libro: la casa era senza balconi. Passato, ricordi. Tutte cose vere e non vere. Vere e non vere … E continua: la casa era senza balconi, quattro finestre e tutte e quattro chiuse. E continua: la casa era senza balconi e le finestre erano perennemente chiuse, in una cieca e assorta solitudine.
Dietro le finestre ogni cosa e una sola premessa: tutte cose vere e non vere. Vere e non vere …

La notte allora ti prende, lieve, ci credi a tutte quelle cose non vere, le afferri, le stringi donando in cambio tutte le cose vere, quelle tue, che non vuoi più. Da restituire al mittente, ovunque esso sia. Si scrutino nuvole e stelle.

giovedì 10 aprile 2008

I Dolori del bosco, gli odori di LibMag

Paolo Birolini, meglio conosciuto come





Intanto su LibMagazine un bell' articolo a 4 mani ..

di Marzia Cangiano e Astrid Nausicaa Maragò
Che vita strana, che strana vita la nostra. Più la si vive, più questa sembra somigliare ad un film. Tutte le storie che intorno a noi fioriscono, s’intrecciano e si consumano sembrano tutte già scritte, già viste, compresi i personaggi, certi dialoghi e certi atteggiamenti; solo l’epilogo ci sfugge, sempre. Sì, l’epilogo mantiene sempre quel gustosissimo effetto sorpresa che guai se risultasse già scritto.
.. e un Grande Schermo, grande così..
Siamo in Tibet. Ma Dante Ferretti lo organizza in Marocco e ci convince. È il 1937, ancora i costumi di Ferretti lo giurano. Un bambino di umili origini ha il piglio stucchevole del capo, lo vedono, lo scelgono, lo portano a Lhasa seguendo precisi rituali: è l’ultima reincarnazione del Buddha, il quattordicesimo Dalai Lama. Cresce, la seconda guerra mondiale lascia in eredità al Tibet una nuova Cina che s’ingrossa fino a strabordare – siamo già negli anni ’50, siamo già a Mao.