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A CUOPPO CUPO POCO PEPE CAPE ...e... POCO PEPE CAPE A CUOPPO CUPO
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mercoledì 23 giugno 2010

Massimo Fini: un guaio senza soluzioni

C’è un tal Massimo Fini - un giornalista, scrittore, drammaturgo e attore italiano, fa sapere Wikipedia - che da un po’ di mesi a questa parte ha iniziato una sua personalissima campagna anti-femminile o femminista -ancora non è chiaro-. Il mezzo del quale il giornalista si serve per dar voce ai suoi pensieri più biechi è L’AnteFatto, il blog de Il fatto quotidiano.

Il 19 giugno 2010 L’AnteFatto pubblica un articolo da titolo ‘Due al prezzo di uno’, firmato Massimo Fini. L’articolo sembra voler tentare una rapida e superficiale analisi delle conseguenze che l’emancipazione femminile e il femminismo avrebbe portato all’attuale menage familiare.

Se ne deduce che sia la donna stessa la principale vittima di questa rivoluzione sociale: ‘La donna è vittima di un’ulteriore fregatura. –scrive Fini- Perché deve fare un doppio lavoro, quello d’ufficio e quello di casa. Perché l’accudimento dei figli, nei primi mesi e anni, tocca pur sempre a lei, se li ha (l’Italia ha il più basso tasso di natalità al mondo). Così detta la Natura.’

Ma oltre a risentire di questo doppio carico di responsabilità, la donna dove anche faticare il doppio per trovare un uomo che se le sposi –o anche che se la scopi: ‘Conosco molte trentenni, spesso belle, colte, eleganti (fini no, la ragazza "fine" è scomparsa dall’Occidente) che fan una fatica boia a trovare un partner. Non per una scopata (anche per quella, gli uomini, di fronte all’aggressività femminile, stan diventando tutti finocchi), ma un uomo che dia loro la sicurezza e il senso di protezione di cui hanno bisogno.

lunedì 31 maggio 2010

Le donne son tutte belle, dai piedi alle ascelle

Avete mai visto ascelle così?' dice una pubblicità, oppure ‘vorresti avere ascelle bellissime?' , e ancora, lei chiede a lui: ‘sono più bella qui (indica le gambe), qui (indica i glutei) o qui (indica le braccia)’ e lui le indica le ascelle.

Ebbene, m’è duro confessarlo a voi quanto a me, ma io fino a qualche giorno fa non avevo mai badato all’estetica delle mie ascelle. Non so come mai, ma oltre al desiderio di mantenerle profumate altro pensiero non avevo. Sarà che sono solo una donna sciatta o che, me misera, sul mio cammino ho incrociato solo uomini meschini che badavano alle mie ascelle meno di me: mai un’occhiatina, mai una carezzina e le mie ascelle continuavano così … profumate ma non bellissime e forse, ahimè, neanche morbide!!!
Poi, qualche giorno fa, la rivelazione:
a cosa mi serve l’assorbente pensato apposta per il mio cu … ore? A cosa il detergente per i mie odori?
A cosa la crema magica che mi riempie le rughe?
A cosa l’intimo anti-stress?
A cosa la crema depilatoria che può farsi spuma e addirittura spray?
A cosa la shampoo delicato, la tintura che sembra vera, il balsamo nutriente, la compressa che, mentre arresta la caduta dei capelli, irrobustisce il cuoio capelluto nonché il capello stesso?
A cosa la pillola dimagrante e la crema rassodante?
A cosa il rossetto rimpolpante, il mascara rimpolpante, il fondotinta rimpolpante?
Cosa diavolo dovrei farmene di tutto questo se poi, sotto sotto, vai a vedere c’ho le ascelle secche? E se mi dovesse capitare d’incontrare-finalmente!!!- un uomo vero? Uno di quelli che ci tengono più per le ascelle che per il gluteo? Che gli dico? ‘Scusa ma in trent’anni non ho trovato un attimo di tempo da dedicare alle mie ascelle’??? Suvvia, siamo seri!

giovedì 20 maggio 2010

Piccole storie di piccole donne ‘scostumate’

Succede oggi in una scuola media che due ragazzi, M. e D., di 13 e 14 anni arrivino ad azzuffarsi usando come pretesto una comune amica. Il fatto che la ragazza sia stata solo un pretesto e non la causa della zuffa trova conferma in un episodio avvenuto circa 15 minuti prima.
Mi trovavo nel giardino della scuola quando mi viene incontro uno dei due ragazzi, M., che, in risposta ad uno mio sguardo, mi si fa quasi sul muso e dice: “Tengo ‘na carica ‘ncuoll’ ogge ca si coccheruno me tocca ‘o sfong’!” – (‘Mi sento una carica addosso oggi che se qualcuno mi tocca lo distruggo’). Detto questo rientra e nel giro di un quarto d’ora questa sua carica va a schiantarsi tutta contro il naso di un ragazzo che, a suo dire, l’aveva sfidato.

I due ragazzi, M. e D., si incrociano nel corridoio appena fuori le aule, M. è in compagnia della sua amica S.; D. saluta S. ma M. non apprezza: “Se la tocchi ti sfondo!” e D., che è già maschio e da maschio non può concedere l’idea di aver paura, di tutta risposta, sfiora il braccio di S. con un buffetto.
È quanto basta per scatenare l’ira di M. che si avventa sull’amico colpendolo con un unico pugno dritto sul naso. D. si accascia, il naso prende a sanguinargli tanto da far temere che sia rotto. I due vengono prontamente allontanati l’uno dall’altro, S. viene fatta rientrare in classe, M. dritto dal preside e D. in bagno a tamponare l’emorragia.

Dalla segreteria si convocano i genitori dei due ragazzi: i genitori di D. sono assenti, irreperibili; quelli di M. arrivano a scuola nel giro di pochi minuti. Facce cupe, sguardo basso, la mamma reca in braccio un bambino di un paio d’anni che stringe forte a mo’ di scudo, quasi come se quell’esserino che porta appeso al grembo valesse a giustifica per qualunque fallimento; il padre, omone grosso e grigio, si apre in un sorriso inopportuno e cordiale non appena gli si fanno davanti le varie professoresse e il preside; non ha scudi lui, solo mani grosse da sfoderare all’occorrenza. I due vengono accompagnati dal figlio e fatti accomodare in presidenza. Dopo poco arriva anche D. ancora dolente.
Dalla direzione non proviene voce alcuna, i bidelli e qualche professoressa restano in attesa commentando l’accaduto … “che è violentissimo e gravissimo e chissà quali e quante conseguenze avrà per quei due…”!


sabato 15 maggio 2010

Nel mio intimo c'è il mondo


Avevo sedici anni una mattina, quando una mia amica mi chiamò e mi disse: ‘Marzia, domani tutti al mare!’ ed io : ‘guarda che ho il ciclo!’ e così sinceramente declinai. Riagganciai il telefono e mia nonna (generazione 1921) che – orecchio bionico- aveva ascoltato la conversazione, con sguardo severo mi disse: ‘Queste sono cose che non si dicono, sono talmente intime … L’intimità! Sai cosa vuol dire intimità?’ E io, che credevo di saperlo, con aria di sufficienza, sbuffai.
Pensavo che da allora, da quando le donne nascondevano il mestruo come un’onta, le cose erano cambiate e che spifferare il proprio ciclo ad un’amica non voleva dire violare il proprio intimo. Anche -e soprattutto- perché, in quella specifica circostanza, ero stata io medesima a ‘violarmi’; ero stata io, nel pieno delle mie facoltà psichiche, a ritenere opportuno che quella data ragazza venisse a conoscenza della mia situazione ormonale. Capitolo chiuso. Il mio intimo era sano e salvo. Se violazione c’era stata ero stata io a perpetrarla ai miei danni, dunque perché parlare di violazione?
Passarono i mesi e gli anni, con me che puntualmente, ogni volta che c’era da andare tutti al mare, avevo il ciclo e lo dicevo … e qualche volta lo dicevo anche mentendo, usandolo come scusa per starmene a casa, al fresco, a sonnecchiare.
Da allora ad oggi sono passati quattordici anni e in questo tempo il mio corpo e, insieme, il mio concetto di intimità si sono modificati con una frequenza di almeno due volte a settimana. Infatti, se si segue il proprio corpo in tutto il suo divenire, ci si può accorgere di ogni minimo cambiamento e allora l’intimo, l’intimità, prende a racchiudere un’innumerevole serie di aspetti che, pur volendo, non si riesce a condividere con nessuno, se non con chi, con il tuo bene placido, condivide la proprietà del tuo stesso corpo. Spifferare tali ‘sfumature’ a chicchessia sembra un atto irrispettoso, una violenza, una violazione di proprietà privata in tutto è per tutto. Questo è quello che pensavo io!