
Da sempre, sbattere così crudamente la verità in faccia alle persone non paga. Le persone preferiscono non vedere, non capire o, forse, solo che sia uno diverso da Povia a raccontargliela questa verità. Ma il polverone alzato da Povia stavolta non ha superato neanche la prima serata: ascoltato il testo, o lettolo per i più snob, appare subito evidentissimo che non si può entrare in polemica col piccione in nessuna maniera, nemmeno volendo, nemmeno pretendendolo. Nel succitato testo, infatti (che, non stentiamo a crederlo, è nato in tre giorni!!!), non v’è cenno all’eutanasia, né ad Eluana Englaro: codesto testo potrebbe essere attribuito ad ogni giovane figlio deceduto prima dei genitori. Povia ci racconta la verità della morte: una verità non scomoda, non difficile da comprendere o accettare, una ovvia e tragica verità da tutti risaputa e ce la racconta, come d’abitudine per lui, accompagnando l’esibizione con mossette stupide che offendono più del testo stesso.
° Dov’è Eluana?
° Che altra verità ci voleva raccontare Povia che non poteva raccontarci qualchedun’altro, foss’anche un bimbo elementare?
° Chi è Povia? E come poter dare ancora credito ad uno che è passato con estrema nonchalance dai bambini ai piccioni, e da questi direttamente agli omosessuali e alla morte per eutanasia-solo a suo dire!-?
Resta da chiedersi come mai gli abbiano permesso di spacciare questa canzone come una ‘cosa seria’, come un testo impegnato che andava a pungolare gli ascoltatori su un tema così delicato e dai risvolti sempre più che tragici; come nessuno si sia accorto del tranello o della ‘miseria’ del testo.
E pure pensando in buona fede, e pure volendo convincere noi stessi del fatto che questo testo sia realmente dedicato ad Eluana, dovremmo poi fare i conti con un’ultima, imbarazzante, domanda: ° come mai nessuno ha pensato che Eluana e la sua famiglia meritassero qualcosina in più di una schifezza?